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intervista de LaPresse a Dario Odifreddi sul DdL “la Buona Scuola” – 9 giugno 2015

Roma, 9 giu. (LaPresse) – Scuola in primo piano per il governo Renzi con il premier che riapre al dialogo e dice ‘prendiamoci ancora 15 giorni’ e che accusa però anche la prima battuta d’arresto al Senato, andando sotto sul parere di costituzionalità del ddl di riforma. Ad attendere la Commissione Istruzione di Palazzo Madama poi ci saranno 2.200 emendamenti.

‘La riforma della scuola la facciamo per i ragazzi e non per assumere 200mila persone, per i ragazzi e non come ammortizzatore’, ha detto ieri sera Renzi alla Direzione del Partito democratico, riferendosi al nodo delle assunzioni dei docenti precari nella riforma della ‘Buona Scuola’. Cosa sia la ‘Buona Scuola’, non ex cathedra, ma per dei ‘formatori’ di professione lo abbiamo chiesto a Dario Odifreddi, che, come presidente della Piazza dei Mestieri di Torino, attiva nella formazione professionale dei ragazzi dai 14 ai 18 anni, fa parte di un Gruppo formale del ministero dell’ Istruzione per sviluppare il sistema scuola lavoro in Italia. ‘La Buona Scuola – dice Odifreddi a LaPresse – è anche quella che riguarda le ragazze e i ragazzi iscritti ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) presso le istituzioni formative accreditate dalle Regioni, un principio ormai condiviso da tutti i Paesi dell’Unione europea’. Andrea Marcucci, senatore del Pd e presidente della commissione Istruzione di palazzo Madama ha detto oggi che non si sa quali saranno le modifiche che arriveranno, e che, oltre ai precari ‘ci sono proposte su vari temi’.

E a fare proposte in sede di commissioni parlamentari e non solo è stato anche il mondo della formazione professionale e in particolare Forma, Associazione nazionale degli Enti di formazione professionale che raggruppa gli enti del settore, come ad esempio i Salesiani,le Acli. Enti formativi in cui i ragazzi fra i 14 e i 18 anni assolvono l’obbligo scolastico raggiungendo una qualifica o un diploma professionale. ‘Di Forma – spiega Odifreddi – fanno parte le principali organizzazioni di rappresentanza delle imprese e del lavoro con oltre 600 centri di formazione professionale, presso cui accogliamo ogni anno più di 130.000 ragazzi e che sarebbero certamente più numerosi se le risorse finanziarie non fossero contingentate dalle Regioni e dal Governo’.

Gli enti che Forma rappresenta, con i loro Centri di formazione accreditati, fra cui la Piazza dei Mestieri, nelle cui sedi a Torino e Catania – fa sapere il centro formativo- ‘passano 1200 ragazzi ogni anno, ma la richiesta di iscrizioni è il doppio’, realizzano i percorsi triennali e quadriennali per la qualifica e il diploma professionali (di durata annua di almeno 990 ore), percorsi che sono parte integrante dell’ordinamento vigente del secondo ciclo del Sistema educativo di Istruzione e Formazione.

‘Il bicchiere della riforma della scuola visto dalla prospettiva della formazione professionale – sintetizza Odifreddi – si può guardare mezzo pieno o mezzo vuoto’. L’iniziale decreto sulla scuola è diventato un disegno di legge passato alla discussione in Camera e ora al Senato ‘Nel decreto – dice Odifreddi – c’era una presenza molto più significativa della alternanza scuola lavoro e della transizione al lavoro, che poi nel disegno di legge in prima battuta – e qui il bicchiere si era un po’ svuotato – era stata molto attenuata’. ‘Successivamente però – fa notare il presidente della Piazza dei Mestieri – anche su impulso di un gruppo trasversale di parlamentari, questa presenza è stata reintrodotta alla Camera. Ora il testo al Senato potrebbe cambiare. Ciò che è importante – e qui sta il bicchiere mezzo pieno- e che sono affrontati nel ddl tre punti. Il primo è il principio del merito degli insegnanti per cui sono previsti 200 milioni di euro. Poi, legata al merito, c’è l’autonomia del dirigente scolastico. Un terzo aspetto è la formazione tecnica superiore, post diploma, rispetto alla quale nel testo sono state inseriti elementi di premialità’. ‘Nel complesso – prosegue Odifreddi- il legame fra mondo del lavoro e impresa, in funzione anche di contrasto alla dispersione scolastica e alla disoccupazione giovanile, trova il suo spazio nel ddl con l’introduzione del percorso di alternanza per le scuole e con il riconoscimento della formazione professionale. Poi ci sono la detrazione fiscale, in particolare lo school bonus, il credito di imposta e la detrazione per le paritarie. Viene riconosciuto un sistema educativo ampio fatto di scuola statale, scuola paritaria, formazione professionale. Anche se, certo, sulla quest’utima si poteva fare di più, visto che le risorse sulla detraibilita fiscale sono molto basse. Ma sui principi la riforma è positiva: ci sarà da lavorare molto sulla sua applicazione’. L’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), di durata triennale e quadriennale, è gestita da Istituzioni formative accreditate dallo Stato e dalle Regioni. Gli Istituti professionali di Stato oggi agiscono per le medesime finalità in via sussidiaria. I percorsi di IeFP permettono di assolvere l’obbligo di istruzione e di conseguire la qualifica professionale (22 già definite a livello nazionale) o il diploma professionale (21 ). Le qualifiche e i diplomi comprendono non solo il meccanico, l’elettricista, l’idraulico, ma anche l’operatore della ristorazione o della trasformazione agroalimentare, l’operatore delle calzature, il tecnico dell’abbigliamento, l’operatore del benessere, il tecnico per l’automazione industriale, o del legno o delle lavorazioni artistiche, Questo sistema coinvolge complessivamente (tra Istituzioni formative accreditate e Istituti professionali in sussidiarietà) 315.000 giovani, cioè circa il 10% della popolazione dai 14 ai 18 anni. Il giovane qualificato o diplomato nella IeFP può poi proseguire nella Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), rientrare nell’istruzione o più spesso inserirsi direttamente nel mondo del lavoro.

‘Come dimostrano tutte le indagini sinora condotte – evidenzia Odifreddi – l’impatto positivo della formazione professionale è sull’occupazione dei giovani -l’integrazione e la mobilità sociale, lo sviluppo economico delle imprese. La formazione professionale ‘è quella buona scuola che sa insegnare un mestiere ai ragazzi, senza mai rinunciare a dotarli delle competenze che caratterizzano una cittadinanza attiva (letterarie, logico matematiche). E’ quella buona scuola che fa si che tanti giovani non abbandonino lo studio e che vanta nel nostro Paese una tradizione consolidata e secolare, collegata strutturalmente ai sistemi produttivi del territorio e che in questi anni, tra tante fatiche, ha smesso di essere una nicchia o l’ultima chance per chi ha fallito, ed è diventata una ordinaria scelta possibile per i giovani’. Ma con quali risultati? ‘Sono certificati dall’Isfol- dice Odifreddi – e sono interessantissimi: dove c’è la Formazione professionale delle Istituzioni formative accreditate il 50% dei giovani viene occupato entro tre anni dalla qualifica professionale (il 59% nella precedente indagine del 2011, prima della crisi), crolla la dispersione scolastica e ci si avvicina agli obiettivi di Lisbona, perché da sempre questa offerta è dotata di un modello educativo attento a questa utenza, fatto di didattica con laboratori e tirocini messi a regime’. ‘La formazione professionale per i ragazzi delle Istituzioni accreditate tra l’altro – aggiunge – costa circa il 30% in meno dell’istruzione statale, facendo risparmiare la collettività, come dimostra sempre l’ISFOL nel suo studio pubblicato nel 2015. E gli studi Istat/Isfol dimostrano che l’inserimento lavorativo dopo questi studi è più alto che negli altri istituti’. Per Odifreddi la riforma targata Renzi-Giannini è una occasione da non perdere, la cui impostazione, nel clima politico attuale, non deve essere annacquata negli aspetti di principio e culturali per i nodi politici che si sono stretti attorno ad essa. ‘Bisogna evitare che il problema diventi solo quello dei precari. Perderemmo una occasione. I miei dipendenti esistono per dare una risposta ai giovani. E così anche nella scuola il tema non è difendere gli insegnanti ma dare una risposta ai giovani’, dice. ‘L’introduzione delle 400 ore di alternanza scuola-lavoro, anche nei licei, previste dalla riforma mette in rapporto i giovani delle scuole col mondo del lavoro e quindi è un cambiamento significativo. – continua Odifreddi-. Nel ddl per la formazione professionale dei ragazzi c’è un primo timido riconoscimento di una esperienza consolidata, anche non sono introdotti concreti cambiamenti. Sui temi riguardanti la formazione professionale il governo si impegna entro 180 giorni attraverso una delega a intervenire su quei temi. Tutto dipenderà da come si lavorerà nella delega. La formazione professionale per i giovani dai 14 ai 18 anni dovrebbe essere un diritto garantito in ogni Regione italiana, in realtà non è così perché è presente in modo significativo in 7-8 regioni italiane’, dice Odifreddi.

‘Cominciare a riconoscere, come fa la Buona Scuola, che fa parte degli ordinamenti scolastici a tutti gli effetti – prosegue – vuol dire che se una Regione non attivasse le scuole lavoro, lo Stato dovrà intervenire per garantire un diritto/dovere.La IeFP gestita dalle Istituzioni formative accreditate raggiunge la maggioranza della popolazione, ma è quasi del tutto assente o in forte difficoltà nelle Regioni del Mezzogiorno e in Sardegna. L’offerta è più strutturata in Piemonte, Lombardia e Veneto e Lazio, ma è presente significativamente in Sicilia, in Puglia, e in Emilia Romagna, con modalità diverse.Le risorse che arrivano al sistema Scuola lavoro sono un mix di fondi regionali, europei e statali (dal Ministero del Lavoro). Nel tempo i fondi statali sono rimasti costanti, ma dieci anni fa la formazione aveva 20mila allievi, mentre oggi ne ha 230mila. Sono poi stati attivati fondi regionali, usati molto da Piemonte, Lombardia e Veneto, ma negli ultimi anni  sono  prevalentemente  comunitari’.  ‘La legge delega – afferma Odifreddi – prevede attualmente che lo Stato dovrà garantire i livelli essenziali delle prestazioni, previsti da una vecchia normativa ma mai attivati perché non finanziati. L’ultimo passaggio che sarà necessario per cambiare qualcosa dovrà essere l’incremento delle risorse statali. Attualmente il totale è di circa 650 milioni all’anno, i fondi statali sono attualmente 189 milioni suddivisi fra varie regioni’. Fare uscire dall’angolo l’istruzione e la Formazione professionale è la vera sfida per Odifreddi che sottolinea come in quel mondo criteri come autonomia dei presidi e merito degli insegnanti, su cui punta la riforma scolastica, sono già operanti e assimilati. ‘La formazione professionale – dice Odifreddi- si sceglie i suoi insegnanti da sempre: gli insegnanti lì valuti e se non sono bravi li cambi’. Ma il rischio clientelismo e di potentati dei presidi contro cui si scaglia il sindacato?

‘Questo rischio – afferma Odifreddi- c’e sempre, ma una famiglia manda il figlio in una scuola, perché funziona. Il preside può anche scegliere in modo nepotistico o clientelare, ma poi quella scuola non funziona’. La formazione professionale rivendica anche la prerogativa della flessibilità. ‘Il Sistema scuola lavoro è nato come prettamente privato, sul principio della sussidiarietà orizzontale – spiega Odifreddi -.In realtà nel tempo anche gli istituti professionali hanno potuto erogare quei percorsi e quindi oggi il sistema metà è pubblico e metà privato, ma quest’ultimo è più strutturato col mondo del lavoro e in termini di autonomia e flessibilità’. ‘Anche per questo – conclude – chiediamo che tutte le agevolazioni fiscali, a partire dal 5 per mille, siano estese alla formazione professionale e così anche le misure sull’edilizia scolastica. E chiediamo un potenziamento della valutazione dell’apprendimento dei nostri ragazzi e dei nostri istituti formativi e una programmazione triennale delle risorse, compresi i fondi europei’.

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